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11/15/2024

I GIOVANI ADULTI E LE RELAZIONI SENTIMENTALI

Valentina Moro

Chi sono i giovani adulti?

Il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, negli ultimi anni, si è modificato, rendendo necessario individuare un’ulteriore fase del ciclo di vita definita fase del “giovane adulto”, a cui fa riferimento la fascia d'età compresa tra i 19 e i 30 anni; uno stadio in cui l’individuo non appartiene più alla fase dell’adolescenza ma, per molti aspetti, non ha ancora pienamente raggiunto l’età adulta.

Per un giovane adulto, questo passaggio viene in generale concretizzato dalla realizzazione sociale (integrazione in un gruppo di pari con il mantenimento di relazioni significative, l’assunzione di ruoli sociali responsabili), lavorativa (ricerca di una carriera soddisfacente che permetta di esprimere le proprie competenze e aspirazioni) e sentimentale (relazioni solide e stabili), rese possibili da un processo di consolidamento della propria identità.

Già Erickson (1968), nella sua teorizzazione sulle fasi del ciclo di vita, basata sull'idea che la vita sia suddivisa in otto stadi in cui “ogni tappa successiva è una crisi potenziale che implica radicale mutamento in prospettiva”, sosteneva che il passaggio dall'adolescenza all'età adulta avvenisse fondamentalmente attraverso la risposta alla domanda “chi sono?”. La risoluzione del conflitto, proprio del giovane adulto, avverrebbe cioè attraverso l'acquisizione di un senso di continuità interiore e di identità sociale in cui la costruzione di rapporti interpersonali, l'impegno in una relazione costituirebbero aspetti determinanti.

Accanto a questo modello di transizione standard, in cui le diverse fasi della vita si susseguono con ordine, passando per la fine del percorso di studi, l'ingresso nel mondo del lavoro, l'uscita dal “nido”, attraverso una relazione stabile e l'assunzione del ruolo genitoriale, ritroviamo oggi situazioni intermedie, spesso poco definite, in cui ruolo adulto e adolescenziale sembrano ancora confondersi.

All'origine di questo nuovo scenario vengono prese in considerazione le complesse e precarie condizioni socio economiche attuali, unite alle peculiari caratteristiche psico affettive della famiglia contemporanea, che rendono sempre più faticoso conquistare l'autonomia.

Non solo le condizioni concrete quali, una lunga permanenza nel percorso di formazione, l’incertezza lavorativa, ostacoli economici, minano il raggiungimento dell’indipendenza; ma anche fattori affettivi, legati alla propria famiglia d'origine, hanno scatenato una dilatazione nell'assunzione del ruolo di adulto indipendente, che sa chi è e cosa vuole per sé.

La famiglia contemporanea non è più infatti normativa e conflittuale ma viene definita affettiva, ovvero impegnata non più nel trasmettere un sistema valoriale e di regole ai figli, ma a veicolare affetto nell'intento di far crescere dei figli felici. In questo contesto i figli non sperimentano però quella frustrazione e oppositività verso gli adulti di riferimento, funzionali e necessarie a sostenere i processi separativi (Pietropolli Charmet, Lancini 2009). Ne deriva un'identità personale instabile e insicura poco capace di assumersi le responsabilità dell’adulto, che di conseguenza cerca nell'altro un'affermazione di sé piuttosto che un incontro reciproco.

Le relazioni

Se consideriamo come l'amore sia una delle funzioni “ponte” nell'affermare il proprio Sé, che a sua volta però costruisce le proprie basi a partire da un sistema famigliare che non educa al conflitto costruttivo come forma di emancipazione, non promuove la capacità di dire no, mettere dei confini, non riesce di fatto a “lasciare andare”, il risultato è una condizione di estrema fatica nei confronti dell'amore e dei sentimenti che spingono oltre la famiglia d'origine.

Il legame ‘a due’ è di fatto connotato spesso dall’assenza di un impegno definitivo e da una limitazione delle responsabilità reciproche: il ‘qui e ora’ tende a prevalere sulla condivisione di una progettualità, dove le relazioni non si approfondiscono, non prendono una forma definitiva e le scelte restano sospese ostacolando un'assunzione di responsabilità.

I giovani sembrano tenersi lontani dal restare, dal dare e ricevere, dal costruire insieme, hanno bisogno del legame ma non “si portano” nella relazione con l'altro, non si permettono di lasciarsi avvicinare fino in fondo; in questo scenario di non scelta, di fatto, l'altro è presenza tanto quanto assenza.

Spesso la ricerca e scelta stessa del partner ha più l'obiettivo di una conferma di sé, un amore in cui conta la “relazione speciale”; l’amore come una “conquista “e non come “vita vissuta, come imperfezione superata dalla fedeltà, come quotidianità illuminata dall’affetto reciproco” (Fumagalli 2002: 172-173).

Esemplificativo è l'uso dei nuovi media, chat o app di incontri che agevolano la tendenza a strutturare relazioni “leggere”, disimpegnate e che raramente conducono alla creazione di un legame sentimentale stabile. L’individuo, incapace di riconoscere i propri bisogni, affrontare il proprio mondo emozionale e di conseguenza quello dell’altro, affronta lo stare in relazione mediato da dispositivi tecnologici.

Spesso la fatica di legarsi a una persona si fonde anche con l'idea di perdere la propria libertà. Un fattore significativo che sembra costituire un ostacolo alla formazione di relazioni sentimentali è la paura dell’intimità. secondo Bartholomew (1990), le persone con un’elevata paura dell’intimità cercano l’intimità ma non hanno le competenze adeguate per raggiungerla, oppure negano il bisogno stesso di relazioni intime.

Un altro elemento importante da tenere in considerazione in questi processi è la sensibilità al rifiuto (Downey & Feldman, 1996). l’esperienza del rifiuto, reale o percepito, è legata a un aumento dell'ansia e del disagio interpersonale (Preti et al., 2018). L’ansia relazionale è anche legata alla tendenza al ritiro da contesti sociali significativi per lo sviluppo.


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