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03/12/2025

COSA SONO I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE?

Camilla Daniela Quarticelli

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono disturbi psichici caratterizzati da un’alterazione nel rapporto con l’alimentazione, il peso e la forma corporea.

Si manifestano attraverso pensieri, vissuti e comportamenti negativi riguardanti il cibo e il corpo e possono avere conseguenze molto importanti e dannose sulla salute psico-fisica dell’individuo.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5) considera come “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione” diverse forme cliniche differenti, quali l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa, il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge-Eating Disorder), la PICA, il disturbo di ruminazione e il Disturbo da Evitamento/Restrizione dell’assunzione di cibo (APA, 2013).

Secondo una prospettiva transdiagnostica (Fairburn, Cooper, Shafran, 2003), le diverse manifestazioni cliniche dei Disturbi Alimentari avrebbero in comune il medesimo meccanismo psicopatologico, ovvero un’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione. Le diverse forme cliniche costituirebbero, infatti, le facce di una stessa medaglia, venendo considerate come un’unica categoria diagnostica, più che come disturbi differenti e separati.

 

Quali sono le cause?

La letteratura scientifica concorda nel non identificare una singola causa definita, ma un insieme di fattori di natura bio-psico-sociale che interagendo tra loro possono favorire lo sviluppo e il mantenimento del disturbo.

Nello specifico, esistono tre tipologie di fattori di rischio:

1.         I fattori predisponenti, che creano una vulnerabilità al disturbo e sono costituiti da aspetti biologici (es. predisposizione genetica), psicologici (es. storia ed esperienze personali, genere, età, caratteristiche di personalità, perfezionismo, bassa autostima, rapporto con il cibo e con il corpo), ambientali (es. storia della famiglia, dinamiche familiari, gestione delle emozioni) e socio-culturali (es. ideale di bellezza, culto della magrezza, ruolo femminile, mass media, standard di successo nel contesto culturale di riferimento) (Fairburn et al., 1999; Ostuzzi e Luxardi, 2003; Dakanalis, Caslini, et al., 2012);

2.         I fattori scatenanti, che inducono l’insorgenza del disturbo: esperienze di vita dolorose o traumatiche (es. separazioni, perdite, lutti, delusioni, cambiamenti di vita improvvisi), cambiamenti legati alla fase del ciclo di vita (es. inizio della pubertà e dell’adolescenza), insoddisfazione corporea ed inizio di diete dimagranti (Ostuzzi e Luxardi, 2003; Fairburn et al., 1999);

3.         I fattori di mantenimento, che alimentano il perpetuarsi delle dinamiche patologiche e che contribuiscono a rinforzare e far permanere la condizione psicopatologica in atto: ad esempio pensieri e credenze disfunzionali riguardo al cibo e al corpo, emozioni negative, rinforzo derivante dall’utilizzo del cibo e del corpo come elemento di regolazione emotiva, problemi interpersonali, dinamiche familiari (Ostuzzi e Luxardi, 2003).

 

Perché l’esordio durante la pubertà e l’adolescenza?

I DCA insorgono prevalentemente nella fascia di età compresa tra i 14 e i 24 anni, a conferma del fatto che nell’esordio di tale disturbo un ruolo fondamentale è giocato dalla particolare fase del ciclo di vita e dai cambiamenti che l’individuo sta attraversando.

La crescita dell’essere umano si sviluppa, infatti, lungo l’intero arco di vita, passando attraverso stadi evolutivi differenti, ognuno dei quali richiede di far fronte a compiti, cambiamenti, dilemmi paure specifici (Gislon, 2005).

La pubertà e l’adolescenza sono due fasi estremamente delicate dell’esistenza. L’individuo si trova a dover affrontare la sfida del passaggio dal mondo infantile al mondo adulto e tale transizione presuppone, come ogni momento di crisi e di crescita, un conflitto che potrà portare al distacco da ciò che è conosciuto e sicuro, all’apertura a nuove possibilità e nuovi ambienti e alla costruzione di una propria identità autonoma, un equilibrio diverso, integrando passato e presente.

In questa fase il corpo si modifica, emergono nuovi desideri e nuovi bisogni, l’ambiente esterno richiede di assumersi la responsabilità di un ruolo sociale maturo, cambia il rapporto con i genitori, si investe maggiormente in relazioni e ambienti diversi dalla famiglia, ci si trova a far fronte a diversi cambiamenti, sia interni che esterni (corporei, sessuali, psicologici, familiari e sociali), che richiedono nuove risposte, diverse da quelle sperimentate in precedenza, e un nuovo adattamento a compiti evolutivi che questa fase di vita propone.

La domanda principale a cui l’adolescente è chiamato a rispondere è: chi sono io? Che cosa mi sta accadendo? (Senise, 1990).

In questo scenario di continuità e discontinuità la percezione è che le conoscenze e gli strumenti di cui si dispone e che provengono dall’esperienza infantile non sono più sufficienti per orientarsi nel mondo e, allo stesso tempo, che, quelle adulte, non siano ancora adeguatamente strutturate.

Momenti di insicurezza, spaesamento, tensione ed angoscia possono manifestarsi e possono far vivere sentimenti di ambivalenza tra il desiderio di autonomia e il timore di non essere sufficientemente pronti ad assumere il nuovo ruolo e le nuove responsabilità che esso comporta. L’adolescente vive contemporaneamente il bisogno di dipendere e di essere indipendente, di essere protetto e di essere lasciato libero e responsabile (Gislon, 2005). Vive nel dilemma tra il non voler perdere la dimensione e il corpo infantile e il ricercare ma temere la realtà adulta (Borgna, 2009).

In quest’ottica, il Disturbo Alimentare si pone come un tentativo, seppur disfunzionale, di recuperare un senso di padronanza sui diversi cambiamenti evolutivi vissuti come perturbanti e pericolosi: un tentativo di autocura del profondo disagio psicologico vissuto.

L’adolescente comunica, attraverso il corpo, il suo bisogno di controllo e di potere, nell’illusione che essere in grado di controllare il corpo e i suoi bisogni possa garantire un maggior senso di sicurezza nella propria vita.

 

Campanelli d’allarme: quando preoccuparsi?

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono patologie che si caratterizzano per un esordio spesso insidioso e difficile da cogliere e, spesso, la mancanza di critica riguardo alla malattia e l’egosintonia di alcune dinamiche caratteristiche di tali disturbi rendono l’identificazione ancora più complessa.

Quali sono quindi alcuni segnali d’allarme a cui porre attenzione?

          L’alimentazione, il peso e la forma del corpo diventano il centro di propri pensieri;

          Notevole perdita di peso in assenza di condizioni mediche concomitanti;

          Riduzione rilevante della quantità del cibo mangiato, dei pasti giornaliere e maggior selettività delle tipologie di cibi (es. mangiare meno quantità di cibo, saltare pasti durante la giornata, selezionare in modo selettivo quali tipologie di cibo mangiare, smettere di mangiare alcuni cibi un tempo graditi…);

          Presenza di rituali alimentari inusuali (es. sminuzzare eccessivamente il cibo, mangiare molto lentamente, consumare molte gomme da masticare, usare bevande light e bevande calde);

          Intensa paura di ingrassare, non accettando l’idea di poter prendere peso;

          Marcata insoddisfazione e ansia per la propria forma fisica, nonostante un peso non elevato (es. vedersi sempre “grassi”);

          Sensazione di piacere e controllo nel seguire una dieta;

          Senso di colpa intenso quando si ritiene di aver mangiato troppo o in modo scorretto;

          Mangiare in modo isolato, di nascosto, non prendere parte ai momenti di pasto condiviso in famiglia;

          Segnali di abbuffate (es. mancanza o rapido esaurimento di cibi dalla dispensa, comprare grandi quantità di cibo, nascondere del cibo in luoghi inusuali);

          Segnagli di vomito auto-indotto (es. recarsi metodicamente in bagno dopo aver consumato i pasti, stato di agitazione dopo aver mangiato);

          Evitamento delle situazioni sociali che prevedono aspetti conviviali (es. uscire a mangiare, feste, pizzate tra amici…);

          Eccessivo interesse per la cucina e per la preparazione di ricette, passando molto tempo a cucinare, offrendo agli altri i pasti preparati e consumandoli raramente;

          Attività fisica molto intensa;

          Presenza di stati di ansia, di irrequietezza, sbalzi d’umore, irritabilità.

 

In un’ottica preventiva è di fondamentale importanza individuare e valutare le possibili situazioni di rischio, in quanto la diagnosi precoce è uno dei fattori rilevanti per una prognosi favorevole e per evitare la cronicizzazione del disturbo.


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