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02/07/2025

BULLISMO E CYBERBULLISMO

Lorenzo Vollono

Conoscere per… prevenire

Il bullismo si riferisce a comportamenti violenti e intenzionali, che possono essere fisici, verbali o sociali, perpetrati da un individuo o un gruppo nei confronti di una vittima. Questi atti si verificano generalmente in contesti scolastici o in situazioni di gruppo, dove c'è un chiaro squilibrio di potere tra l'aggressore e la vittima.

Il cyberbullismo è una forma di bullismo che avviene attraverso l'uso delle tecnologie digitali. Include azioni come molestie, ingiurie, diffamazione e furto d'identità, realizzate online. A differenza del bullismo tradizionale, il cyberbullismo può raggiungere un pubblico molto più ampio e avviene 24 ore su 24, rendendo difficile per le vittime trovare un rifugio. Inoltre, non essendoci un reale contatto tra aggressore e vittima, il cyberbullismo può essere agevolato nell’essere agito e spesso le conseguenze non sono realmente prevedibili e stimabili in termini fruizione del pubblico (la foto o il video diventeranno virali o rimarranno “confinati” a una cerchia più ristretta?) ed entità del danno arrecato.

Dunque, le caratteristiche fondamentali per riconoscere queste forme di aggressione e differenziarle da “normali” atti di conflitto sono:

Intenzionalità: Gli atti sono deliberati e mirano a ferire o umiliare la vittima.

Squilibrio di potere: Esiste un chiaro squilibrio tra chi aggredisce e chi subisce.

Ripetitività: Si manifestano in modo ripetuto nel tempo.

Bullismo e cyberbullismo possono esprimersi in forma diretta e forma indiretta.

La forma diretta è la forma più evidente e manifesta di comportamento aggressivo. Si caratterizza per azioni esplicite e immediatamente percepibili, rivolte direttamente alla vittima. Spintoni, calci, pugni, percosse, furti o danneggiamenti di oggetti personali. Insulti, offese, minacce, derisioni, prese in giro, soprannomi offensivi e commenti umilianti (sia di persona che tramite web).

La forma indiretta è più subdola e difficile da individuare rispetto a quella diretta. Non si manifesta con aggressioni fisiche o verbali dirette, ma mira a danneggiare la vittima attraverso l'esclusione sociale, la manipolazione delle relazioni (creare inimicizie verso la vittima) e la diffusione di pettegolezzi.

Gli attori coinvolti sono: la vittima, l’aggressore, aiutante/i dell’aggressore e gli spettatori, spesso indifferenti, talvolta intrattenuti dagli atti che osservano.

Comprendere per… prevenire

Come normale tendenza umana, quando accade qualcosa e soprattutto quando abbiamo a che fare con qualcosa di doloroso, tendiamo a chiederci il perché e cercare una spiegazione, desiderando intensamente di trovare una sola motivazione, così da poter aggirare il problema in maniera lineare e semplice. Come invece spesso accade, in particolare per ciò che riguarda le esperienze umane, non è così. Esistono, infatti, diverse ipotesi di spiegazione sul perché ciò accada.

Ovviamente non è possibile fare in questa sede un’accurata spiegazione di tutti i fattori concorrenti e perciò ne verranno esposti solo alcuni.

Vi sono dunque diversi fattori, a diversi livelli, che concorrono a causare, mantenere e rinforzare il fenomeno. Esiste un livello sociale e culturale a fare da cornice, vi sono poi specifiche dinamiche a livello familiare che appunto causano e mantengono ed entrano in interazione col livello individuale, specifico di ogni persona.

Accantonando/Trascurando i comportamenti prepotenti come preludio di un disturbo della condotta (che potrebbe esitare nella delinquenza adulta), nel qual caso il comportamento prepotente sarebbe finalizzato al puro gusto del contravvenire alle norme sociali, per le altre tipologie di comportamenti di bullismo è necessario fare una piccola riflessione su quando principalmente, questi comportamenti si instaurano e accadono, ovvero durante il periodo dell’adolescenza. In questa fase del ciclo di vita, il ragazzo è chiamato a svolgere un compito evolutivo fondamentale, che è quello di costruire una propria identità, che si differenzia da quella del bambino che era, e quindi separarsi dalle figure genitoriali costruendo una propria indipendenza e contestualmente è chiamato a costruire una propria immagine di sé, nuova rispetto al passato e molto più legata al nuovo ruolo sociale da definire.

Dunque, ad esempio, un bullo potrebbe voler sentirsi più forte rispetto agli altri, identificandosi in una sorta di leader, che, seppur negativo, ha uno status di potere, riconosciuto anche dai coetanei, che aiuta a colmare il bisogno di attenzione e combattere l’insicurezza interiore e profonda, difficilmente colmabile in altro modo con le risorse a lui a disposizione. Online, similmente, sono la fama e la popolarità che spesso riconoscono il potere e lo status dell’individuo.

Tuttavia, le caratteristiche individuali non sono traiettorie definite e sentenziali, e anzi, si intersecano strettamente con le vicende familiari nelle quali un ragazzo nasce e cresce.

Diversi sono i fattori che sono stati individuati nelle famiglie, sia dei bulli che delle loro vittime. A volte, infatti, anche la vittima è parte “attiva” nel fenomeno, sia per le sue caratteristiche personali, sia per alcuni comportamenti messi o non messi in atto quando necessario; ad esempio, esistono vittime provocatrici, che quindi istigano il comportamento altrui, così come vittime che non denunciano o chiedono aiuto nel momento del bisogno, o altre che non sono in grado di accedere a risorse adeguate per proteggersi, ove possibile, da alcuni tipi di comportamenti.

Famiglie troppo coese e iperprotettive nei confronti del figlio, con una stretta dipendenza con la figura di attaccamento principale, ritardano l’autonomia necessaria per la gestione delle relazioni con il gruppo dei pari, e quindi facilitano la presa di mira da parte degli altri.

Per quanto riguarda la famiglia del bullo, sembra che un sistema educativo troppo permissivo connesso all’uso di punizioni fisiche violente non permetta al bambino di interiorizzare i limiti necessari oltre i quali i comportamenti non sono consentiti e allo stesso tempo è concessa ed emulata la violenza come modalità di prevaricazione sugli altri. Inoltre, una scarsa supervisione da parte dei genitori, lascia il giovane disorientato rispetto al proprio percorso di crescita e bisognoso di attenzione, che viene richiesta in maniera disfunzionale.

Infine, a livello sociale possiamo distinguere l’ambiente sociale direttamente vissuto dall’individuo, come in questo caso la scuola e il gruppo di pari e un ambiente sociale a livello più generale, ovvero la cultura nel quale l’individuo è immerso. Entrambi hanno influenza sulla possibilità di sviluppo del fenomeno bullismo.

Ad esempio, una cultura individualista che premia il successo personale, può colludere col bisogno di potere, fama e prestigio di un ragazzo che utilizzerà gli strumenti di cui dispone per perseguirlo, come ad esempio la svalutazione degli altri e l’utilizzo della forza per affermarsi.

L’ambiente scolastico, in particolare, può favorire lo sviluppo di fenomeni di bullismo, in particolare quando il clima scolastico è particolarmente competitivo e incute ansia e paura, anziché promuovere rispetto reciproco e collaborazione.

Cosa fare per… prevenire

Dalla parte del bullo.

Non vuole essere una difesa di questo fenomeno estremamente complesso e portatore di fatica e sofferenza in molti giovani, anche a distanza di anni.

Le vittime hanno bisogno di aiuto; hanno bisogno di un ambiente empatico ed accogliente che permetta loro di chiedere aiuto e ricevere supporto e protezione, senza però che si sostituisca alla loro azione e alla capacità di imparare ad affrontare le situazioni complicate.

Per quanto riguarda il bullo, agire per contenere è fondamentale. Anche in termini punitivi può essere importante rimandare che un limite esiste e che non è concesso di valicarlo. Ma la punizione, come più ampiamente nel nostro ordinamento giuridico, ha uno scopo riabilitativo. Quindi è importante perseguire questo obiettivo, lavorando dunque non solo individualmente sul bullo, ma in modo sistemico sulla rete attorno al bullo: compagni, insegnanti, famiglia.

Tuttavia, si vuole invitare il lettore a riflettere anche riguardo la propria responsabilità in relazione al fenomeno. Perché quando c’è un bullo e una vittima, vi sono anche degli spettatori, a volte indifferenti o altre volte spaventati rispetto a ciò che succede dinanzi a loro. E molto spesso siamo proprio noi quegli spettatori. È infatti a volte semplice sistemarsi la coscienza riconoscendo che noi non siamo i bulli e quindi, non essendo direttamente coinvolti, non siamo i colpevoli. Deleghiamo così le istituzioni ad occuparsi di questo o quel problema: “deve essere la scuola a fare qualcosa per il bullismo” “i genitori dovrebbero dargli più attenzione”. Ma in questo modo, non diventiamo noi gli spettatori indifferenti?

Perché se spesso dietro a un bullo c’è ricerca di attenzione e contenimento, ogni volta che distraiamo lo sguardo, neghiamo attenzione a quel giovane che cerca di costruirsi un’identità e chiede aiuto, soprattutto quando la famiglia non è in grado di aiutarlo. E ogni volta che giriamo le spalle, avviciniamo quel ragazzo di un passo ad un destino infausto. Gli neghiamo la mano che potrebbe tenerlo al di qua e gli comunichiamo di alzare l’asticella, finché a volte è troppo tardi.

La scuola, l’istituzione se ne deve occupare, senz’altro. Ma l’istituzione riflette la società e la cultura che la crea.

L’istituzione, dunque, siamo noi. Le vittime, spesso, siamo noi. I bulli, a volte, siamo noi.


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